Pippone/2, parte I
Sulla domanda "se e quanto è utile l'università" occorrono alcune premesse.
(1) primo elemento da spazzare via: "la volpe e l'uva".
Usualmente si tende a correlare la risposta al conseguimento del pezzo di carta.
Chi studia (o ha studiato) tipicamente esalta e decanta i magici poteri dell'università,
chi non lo ha fatto, spesso, sostiene il contrario.
Per quanto mi riguarda HO "il pezzo di carta", conseguito in quella che era la migliore
università italiana (in quel tempo), secondo le classifiche internazionali (con tutti i
loro difetti), con un voto non disprezzabile, avendo dovuto iscrivermi previo superamento
di concorso internazionale per titoli ed esami.
La mia matricola ha 3 cifre, per dare un'idea del livello di "esclusività".
Mi fu proposto un dottorato, ma quando compresi che con la borsa avrei pagato 0,8 segretarie,
mentre a quel tempo ne avevo 2 [se ricordo bene, è passato parecchio], non "beccai".
Come tesi di laurea "inventai" l'equivalente di quello che è oggi uno dei siti più frequentati,
con penso un miliardo di utenti (o qualcosa del genere).
Ovviamente, a quel tempo (circa 7 anni prima della fondazione della piattaforma oggi
miliardaria), mai e poi mai mi sarei sognato miliardi di utenti che passano il tempo a mettersi
in posa postando le loro foto come bimbiminkia (o idioti).
Vabbè, l'idea era ottima, ma i tempi non maturi.
Trattandosi di una tesi la data è certa, tanto per gli scettici.
Riassunto del punto (1): a differenza di tanti altri il teorema "la volpe e l'uva", con me, non
funziona
(2) bisogna identificare QUALE università.
L'osservazione non è banale, in quanto - nel corso degli ultimi credo 20 anni - l'università
italiana è stata distrutta completamente.
Questa valutazione è - in realtà - una mera costatazione.
Deriva dai miei colloqui, piuttosto frequenti, con ordinari di varie università principali del
Nord, professionisti (tipicamente ingegneri), integrate con l'esperienza diretta (i miei
nipoti) i quali hanno studiato proprio negli ultimi 5 anni.
Facendo un cuttone, il punto è che il Nuovo Ordinamento ha cercato di ovviare al problema
dell'università italiana "pre riforma".
Che era quella di tempi di studio lunghissimi (8, 10 o 12 anni erano ritenuti del tutto normali,
quasi fisiologici), tassi di abbandono altissimi (anche l'80%), che determinavano un numero
ridotto (rispetto alle medie europee ed USA) di laureati.
Quando però riuscivi a laurearti poniamo in ingegneria in un'università primaria (dopo 7 o 8
anni se eri un ottimo studente, 5 o 6 erano casi rarissimi, per geni o gente che poteva
permettersi di studiare h24 per il supporto famigliare), era pressochè certo che avresti
passato l'esame di stato, al primo appello, senza colpo ferire.
Il bagaglio di conoscenze, così duramente acquisite, era tale da consentire l'immissione
"quasi" immediata nel mondo del lavoro.
D'altronde i datori di lavoro, quando assumevano un giovane ingegnere, erano sicuri al 99%
(visto il livello di "mazzo" subito) di aver fatto un buon acquisto.
Più l'asticella è alta, meno sono in grado di passarla, maggiore le possibilità per chi ci
riusciva.
---
Bene, si osservò che il laureato medio italiano (parlo di materie scientifiche in primarie
università, non so nulla o quasi delle varie filosofie, giurisprudenza, scienza del nulla
eccetera) aveva sui 27 anni (molto bravo, ricordare anche l'anno da militare), con tendenza
verso i 30 come elemento non infrequente.
Mentre all'estero, facilmente, era sui 22 o 23 anni (talvolta perfino meno).
Per ridurre questo "gap" si pensò bene di agire su vari fronti, uno peggio dell'altro.
Prima la "lauretta" (lascio stare i ricorsi storici), poi il 3+2.
La laurea "breve" aveva (ed ha) l'obiettivo di far laureare chiunque in esattamente 3 anni.
Limitando i fuoricorso a situazioni patologiche, e - in sostanza - garantendo una sorta di
"laurea per tutti".
Il "+2" avrebbe dovuto distinguere i "superliceali" (i laureati brevi) dai "veri" laureati,
introducendo un metodo stile antico, cioè "ti faccio un mazzo tanto".
---
Purtroppo non andò così.
Il "3" (complice anche la distruzione della scuola media superiore, risparmio il pippone
storico, sempre mirante ad abbassare sempre più l'asticella) si trasformò (e lo è tutt'ora) in
una pagliacciata.
Si stabilì per legge il tempo di studio necessario per passare un esame (!!!), in modo da
invertire il paradigma.
Il "vecchio" era: QUESTO è il programma da fare. Se poi ci metti 6, 8 mesi, o un anno, per
prepararlo, è un tuo problema.
Il "nuovo" invece è: tu studi per poniamo 30 ore. Poi sei in grado di passare l'esame.
Il CFU ha quindi "demolito" completamente la difficoltà che esisteva: studiate TOT ore, fatte
TOT ore di lezione (tipicamente pochissime), l'esame DOVEVA essere superabile.
Pertando se il vecchio esame di analisi I durava da ottobre a giugno, con un programma grande quanto un elenco telefonico, bene, il "nuovo" deve durare da ottobre a dicembre, e per la metà delle ore settimanali.
Anzi, già che ci siamo, mettiamo parziali e controparziali: meno cose ci sono da studiare, per un parziale, più è facile passarlo.
inciso: il mio esame di Analisi II oggi è diventato TRE esami(ni)...
Perchè NON è ammesso ritardo negli studenti.
Se sei il professore X ed hai un tasso di promossi al tuo esame poniamo del 70%, significa che
ce ne sono un 30% in ritardo, fuoricorso eccetera.
Questo è male: tu, professore X, verrai ripreso dal Senato accademico, perchè evidentemente il
tuo programma non rispetta i CFU stabiliti. Dimezza il programma, o rendi l'esame più facile, o
fai entrambe le cose.
Metti 4 parziali, uno ogni settimana. In pratica tipo i "compiti in classe" d'antan.
Sicchè ad ogni appello passino, poniamo, il 90% degli studenti.
Inoltre, più è alto il VOTO MEDIO, più tu (professore X) sarai ritenuto bravo.
Ecco fioccare voti altissimi, diciamo unicamente nella fascia 27 (per i somari), 30 (per i
volenterosi), lode per tutti i rimanenti.
Nel mondo "preriforma" (e parlo per esperienza personale) era del tutto normale che ad uno scritto, presenti in 150, ci fossero esattamente 4 promossi all'orale, tutti con 18 (e 146 bocciati, tra cui anche studenti che poi diventeranno a loro volta professori).
Così come era normale avere, in un certo appello, esattamente zero (0) promossi allo scritto.
Oggi, capitassero cose del genere, chiamerebbero dal telefono azzurro a Barbara D'Urso, con TSO immediato per il relativo docente.
per inciso: non esistevano le varie "competenze linguistiche". Se non sapevi l'inglese era un tuo problema, nessuno si sognava di farti corsi di lingua, chiuso inciso
---
Tu, università Y, avrai da me (ministero) finanziamenti in funzione della qualità
dell'insegnamento, che dipende dal NUMERO DI STUDENTI LAUREATI (=più i corsi sono facili, più
si iscriveranno), dal NUMERO DI FUORICORSO (=non si boccia nessuno, perchè se lo fai ridurrai i
soldi che ti arrivano dal ministero), dal VOTO MEDIO (=si alzano tutti tantissimo, tanto al
professore che differenza fa darti 24 o 30? Nessuno).
Risultato: come previsto il "+3" è diventato una barzelletta, e va bene, era in realtà
previsto.
Cioè già si sapeva che erea una "pagliacciata" mirante a dare un'infarinatura.
Addirittura si tolse la tesi di laurea (!!!) per ridurre il tempo complessivo.
---
MA ci furono tre elementi di devastante gravità, che resero estremamente peggiore la
situazione.
Il primo è che il "+2" divenne niente di diverso dal "3".
Niente esamoni mostruosi, niente difficoltà disumane. Semplicemente lo stesso "andazzo" del 3,
prolungato per due anni ancora.
D'altronde, quasi sempre, i docenti del "+2" sono gli stessi del "3", i CFU sono uguali, e così
via.
Invece di essere "più difficile" (come era nelle intenzioni di una ventina di anni fa), è
risultato solo "più lungo".
Il risultato è che il laureato 3+2 non sa fare praticamente nulla (riprenderò successivamente
con gli esempi concreti).
Il secondo è la rivalità tra la facoltà di scienze MMFFNN e ingegneria.
Qui si aprirebbe un sotto-pippone enorme, in quanto informatica nasce come Scienze
dell'Informazione (o SDI), una "branca" del cdl in matematica, presso la facoltà di Scienze
(anni '70).
Ovviamente fino a metà anni 90 questo non era un grosso problema, per ingegneria, in quanto gli
studenti SDI erano pochissimi (rammentate la matricola a 3 cifre?).
Invece, anche in concomitanza con Internet, cellulari etc, partì l'assalto (delle matricole)
alla facoltà di Scienze e non a quelle di Ingegneria.
Queste ultime cosa fecero? Istituirono il corso di ingegneria informatica (che, a pensarci
bene, non ha nulla a che vedere con l'ingegneria, che nasce come civile, idraulica, meccanica
eccetera).
Vabbè la faccio breve: la concorrenza tra le due, ovviamente, andò al ribasso.
Più è facile la mia facoltà, più gente si iscriverà, più soldi prenderò dal ministero (che
significa più ricerche potrò far fare ai miei professori, più laboratori, più soldi potrà
pagare ai vari portaborse, dottorandi e così via).
In certi casi si arrivò (e parlo per esperienza personale) ad avere due corsi praticamente
fotocopia, nella stessa città, con addirittura i docenti che facevano sostituzioni reciproche
eccetera.
Per inciso, nel mio caso, ci fu una "fusione", ma non ci interessa.
Il terzo, non meno importante, anzi essenziale, fu una battaglia che ci fu riguardo al titolo
più ambito d'Italia.
Dottore.
Sì, per chi non lo sa, magari perchè è troppo giovane, ci furono battaglie ferocissime per
stabilire se i laureati "triennali" avessero, o meno, diritto a questo titolo accademico.
Istituito (credo) ai tempi di Mussolini, dove il "dottore" era il "vero" laureato con
"supermazzo incorporato".
Ebbene, a seguito di ricorsi e controricorsi (la faccio breve) fu deciso, infine, che il mitico
titolo fosse conferito ai triennali.
Risultato: inutilità del "+2". Una volta avuto il pezzo di carta, e il titolo da scrivere sul
biglietto da visita, diviene praticamente inutile andare al (teorico) "mazzante+2".
Quindi si abbassò, ancora di più, l'asticella del "+2": in realtà non ti dà un titolo da
biglietto da visita, e neppure la possibilità di andare ai concorsi pubblici
---
Risultato netto:
(3) si è abbassata l'asticella dell'università italiana, sia per il 3 che +2, fino a quando
praticamente tutti non sono risultati in grado di concludere gli studi nei tempi previsti,
"backpropagando" la difficoltà in ragione dei CFU già stabiliti a tavolino
(4) il tempo di conclusione degli studi - che una volta era un buon indicatore di "bravura" -
oggi non vale più niente, o quasi (corollario di 3)
(5) il meccanismo di spartizione delle (poche) risorse pubbliche ha determinato una
inflazione nel numero degli studenti e dei laureati, per raggiungere gli obiettivi di "più
laureati, in meno tempo". Attenzione: più studenti significa più corsi. Più corsi significa più
professori. Più professori significa più baroni. Più baroni significa più potere e soldi.
Se alla facolta X si iscrivono in 40 i relativi professori, saranno, necessariamente, pochi e
"morti di fame". Se ci sono 40.000 matricole immaginate che "industria" si crea.
Soprattutto quali "clan" dei professori ordinari, che fanno i concorsi ai loro colleghi [fermo
l'inciso]. Ecco "scienze del tortellino" e l'immonda ingegneria giuridica e legale.
sì, esiste l'ossimorica ingegneria giuridica/legale!
(6) per tentare di arginare l'iperinflazione (questo è il riferimento per i bigbanghisti) si
sono introdotti gli esami di ammissione, che pur essendo banali sono spesso uno spauracchio
micidiale. Questo prova in concreto la pochezza della preparazione delle superiori. Fermo
l'incisone.
---
Si può compendiare così: se vuoi allenare qualcuno per giocare in serie A, facendolo
passeggiare sull'erbetta, non avrai nessun abbandono, nessun problema.
Ma, quando l'ex allievo si troverà a giocare in mezzo a veri professionisti, camminerà, invece
di correre, e piglierà un sacco di mazzate cui non saprà rispondere, perchè non allenato.
Non perchè sia ontologicamente un idiota, ma per aver avuto un "allenamento" il cui fine non è
insegnargli il più possibile.
Fine della prima parte del pippone/2.